mercoledì 2 maggio 2018

Mostra #donneincontrada: intervista a Rino Conforti

Una mostra in Pantera, Contrada con cui hai un legame particolare: raccontaci perchè.
Il mio vissuto da bambino è stato nel piazzale della scuola Saffi. Abitavo dove ora c'è l'albergo Atena. Ai miei tempi c'era la fabbrica del Bianciardi e mio babbo era capo fabbrica: le mie amicizie sono state più panterine che della mia Contrada, la Chiocciola. Ricordo il Pasquini, Claudio Frati attuale Capitano, i Borghi e altri. Ricordi di una bella infanzia...

Parlaci della tua storia artistica e del tuo processo creativo.
Ho frequentato l'Istituto d'Arte in Via della Sapienza nella sezione di scultura e poi l'Accademia di Belle Arti a Firenze col Professor Berti. Dopodichè mi sono laureato in Architettura. Rientrato a Siena nell'87, dopo aver insegnato a Firenze, ho avuto l'occasione di poter acquistare dei locali per farci il mio laboratorio e da lì è venuto fuori tutto quello che avevo incamerato, messo in memoria. Lo scultore ha bisogno di una vera e propria officina, dove si lavora il legno, si plasma il gesso, si salda il ferro: ho investito molto nelle attrezzature, anche se alcuni strumenti mi sono stati lasciati da mio babbo, che era un bravo falegname. Per me quindi il legno è un materiale particolare: io lo accarezzo, lo annuso. Ho iniziato a fare mostre e ho proseguito nella mia formazione: un artista ha bisogno di studiare, di aggiornarsi, di viaggiare, vedere mostre e conoscere altre esperienze.

Racconatci dal punto di vista di un senese, qual'è la sensazione di esporre in Contrada.
Bella domanda, a cui è difficile dare una risposta. Il pensiero che mi è venuto in mente, quando mi è stato chiesto di fare questa mostra è stato: “chi l'avrebbe detto mai?!!!!” Ho ripensato alla mia infanzia, a quando giocavamo a tappini e a pallone coi ragazzi della Pantera alla Saffi. Chi l'avrebbe mai detto, guardandomi con gli occhi dell'Io ragazzino, adesso che ho settant'anni, arrivare a questo punto e con l'esperienza che ritengo di avere, e tornare a “casa”, all'origine, dove tutto ebbe inizio. La sensazione è quella di aver pagato una sorta di pegno ai miei amici, al territorio della mia infanzia.

La mostra è dedicata alle donne in Contrada: hai una figura femminile di riferimento?
No. La figura è proprio la donna di Siena, che vive la Contrada. Le donne attive del passato, che gestivano la Famiglia-Contrada, non le Società per Azioni di adesso. L'evoluzione della donna è stata straordinaria: oggi è più dinamica dell'uomo, culturalmente più frizzante, più sensibile, organizzata. L'anima della Contrada è donna: intendendola anche, ma non solo, nel senso di portare avanti la tradizione e soprattutto la vita. Anni fa resi omaggio alla figura femminile della Contrada e , come vedrete, è una figura nuda. Non volevo intendere qualcosa di sessuale, ma la mia intenzione era rappresentare la purezza, il candore, qualcosa che si fa vedere senza veli, nella sua spontaneità. In ogni cerchio è rappresentata una donna con l'animale della propria Contrada. In alcuni casi è stato difficile, come ad esempio con la Giraffa, addomesticare un animale “alto” in una circonferenza. 


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