L'idea
del recupero degli spazi della vecchia Società Due Porte per
l'ampliamento del Museo della Contrada risale al 2011, quando è
stato portato a compimento il recupero delle serie di monture più
antiche, dei pochi indumenti del 1879 fino alla serie di costumi del
1904 ( L. Cappelli, Grattapassere n. 1, 2012, pp. 9). La
necessità di trovare una degna collocazione a tale patrimonio della
Contrada creava di per sé i presupposti e l'esigenza stessa di
considerare la possibilità dell'ampliamento degli spazi museali
esistenti.
La
vecchia Società Due Porte, oggi in disuso dopo il trasferimento dei
locali nell'attuale sede, è facilmente individuabile come la
naturale estensione del Museo della Contrada, data la sua contiguità
con il Museo esistente.
Ancor
prima di rispondere alle esigenze funzionali e costruttive che ci
venivano richieste, abbiamo sentito la necessità di definire una
rinnovata immagine dei nuovi spazi espositivi e di rivendicarne la
presenza nel contesto. Il contesto è quello di Via San Quirico, di
quella porzione dal numero civico 19 della Società Due Porte al
numero 26 del Museo sul lato opposto. In questi anni di cambiamenti e
di traslochi tra i vari locali di proprietà e non della Contrada, la
porzione di suolo pubblico di Via San Quirico è stata ed è l'area
più frequentata, lo spazio delle discussioni più goliardiche o più
accese; verrebbe da dire il “salotto” della Contrada, ovviamente
nelle serate di Palio, ma non solo. Nella sua genuinità, non
possiamo non rilevarne il suo carattere improvvisato e casuale.
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Nell'ottica
del restauro e recupero dei locali della vecchia Società Due Porte
si presenta pertanto l'opportunità di mettere in dialogo i due lati
di via San Quirico, l'ingresso della nuova Società, la finestra
dell'Assaggeria con il nuovo spazio espositivo. Un'ampia apertura
vetrata, in sostituzione del portone in legno e vetri trasparenti per
gli altri infissi esistenti apriranno la visione dei nuovi locali ai
passaggi quotidiani di contradaioli e turisti, trasformando un
progetto di restauro di interni in un più ampio progetto di recupero
urbano. Di notte, tali aperture fungeranno da lanterne utili, tra
l'altro, a ridefinire e delimitare lo spazio esterno pertinenziale ai
locali della Contrada, stabilendo un rapporto visuale e percettivo di
continuità urbana.
I
nuovi spazi non saranno solamente luogo di conservazione della
memoria, ma spazi per la valorizzazione delle opere attraverso la
rimodellazione del contenitore architettonico. Riconosciamo infatti
la subordinazione del contenitore rispetto all'opera/e che accoglie,
ma non condividiamo l'idea dell'opera conservata gelosamente, quasi
segregata, nel museo.
La
progettazione museografica ha costituito, fino a vent'anni fa, un
settore disciplinare autonomo dell'architettura, specialistico e
differente per metodologie, logiche e tecniche di valorizzazione dei
materiali esposti. Dall'analogia museo – espositore, cioè da luogo
di conservazione della memoria, si è passati alla valorizzazione
dell'opera attraverso il contenitore architettonico, che è anche
luogo di segnali e messaggi, spazio della comunicazione.
Per
fare questo ci spingiamo a dire con un certo gusto del paradosso che
quello che vogliamo proporre è anche un museo: è sopratutto
un’opportunità, mai come oggi necessaria, per la valorizzazione
della vita stessa della Contrada e possibile motore per la sua
crescita.
Se
a questo aggiungiamo il futuro incerto di parte dei locali oggi in
uso della Società Due Porte, si rafforza l'idea di uno schema
caratterizzato da uno spazio vuoto centrale che garantisca un alto
grado di polifunzionalità e adattabilità a molteplici
configurazioni. Esposizioni temporanee del ricchissimo materiale
dell'archivio della Contrada, ricevimenti, proiezioni, saranno queste
le attività che i nuovi spazi dovranno e potranno essere in grado di
accogliere.
Dal
punto di vista costruttivo l'intervento prevede una razionalizzazione
degli elementi esistenti:
- da una parte l'estensione della pedana d'ingresso su tutto il lato di Via San Quirico che si trasforma sia in scalinata espositiva sia in una gradonata per la contemplazione dei materiali esposti.
- dall'altra la razionalizzazione dell'atrio d'ingresso caratterizzato oggi da una suddivisione degli spazi frammentata, ereditata dall’originaria destinazione d'uso.
- una successione di teche mobili disposte su uno dei lati lunghi del salone assolve alle necessità espositive richieste, limitando al minimo l'occupazione dello spazio centrale al fine di mantenere un' elevata flessibilità di utilizzo.
Non
ho riportato la descrizione del processo progettuale dei nuovi spazi
espositivi in prima persona plurale per un eccesso di formalismo. Il
progetto è stato redatto a quattro mani e sarà seguito nella sua
realizzazione a quattro occhi, i miei e quelli di Nicola Marmugi,
carissimo amico e collega.
Concludendo,
ringrazio in prima persona il Priore per la fiducia concessaci, con
l'augurio che il recupero di tali spazi garantisca la realizzazione
di un degno contenitore per i vecchi costumi e contemporaneamente
possa offrire alla Contrada uno spazio che sia fonte di stimolo per
attività e gioiosi momenti di aggregazione.
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