Partendo dal presupposto che l’argomento non sarà avvincente come un “Angolo del tifoso”, come l’intervista che pubblicheremo domani o come una carrellata di immagini passate o presenti, credo sia giusto confrontarci su questo argomento, soprattutto in un periodo come questo, che vede in atto i restauri del nostro Museo.
Martedì sul tardo pomeriggio si è svolta, nelle stanze della Prefettura, una prima riunione tra le Contrade e la Fondazione Musei Senesi per la presentazione e la definizione del Progetto Ecomuseo. L’intento di un Ecomuseo (o museo diffuso) è quello di porre l’accento sul territorio e sulla comunità che lo abita, sulle tradizioni, sul senso di appartenenza e di legame tra la comunità stessa e il palinsesto naturale e antropico.
L’ecomuseo è sicuramente una delle ultime frontiere culturali, che riscuote molto sucesso soprattutto in ambito internazionale. Il punto forte è il tentativo di tutelare i cosiddetti beni culturali immateriali, che poco o nulla trovano spazio nella legislazione italiana, ma che sono al centro dell’interesse dell’UNESCO.
Ho partecipato in prima persona alla riunione insieme al Priore ed al Vicario e devo dire che in un primo momento sono rimasto positivamente impressionato dal progetto, anche perchè, di fondo, credo che qualunque cosa di culturale si possa fare per le Contrade, debba essere fatto.
Poi però sono arrivate delle perplessità… Primo fra tutti c’è un problema di merito: è giusto che non ci sia stato dibattito sull’eventualità o meno di fare questo ecomuseo? In secundis: ma la Pantera cosa ci guadagna?
Largo spazio in questa riunione hanno invece trovato le domande “Come farlo?” e “A chi farlo fare?”. Se sulla prima domanda si parte da una impostazione già definita del sistema informatico che verrà forse ritarata sulle esigenze contradaiole, alla seconda, c’è stata una risposta unanime: I giovani!!!
Ora, credo che sia un pò un controsenso che dei giovani debbano impegnarsi a cercare informazioni quando ci sono a disposizione le fonti primarie - Ma non sarebbe più logico farlo fare a coloro che hanno vissuto direttamente certe esperienze?! -.
Il progetto si basa sul concetto di volontariato: le comunità devono raccontare la loro storia senza la mediazione di terzi. Personalmente credo che il concetto di volontariato in ambito culturale sminuisca e avvilisca i beni e le attività culturali stesse (e vi dico questo a ragion veduta, purtroppo), trasformando quella che dovrebbe essere una professione in un hobby o ancora peggio in una passione. Perchè l’impiegato deve essere pagato, il bancario deve essere pagato, l’artigiano ed il professionista devono essere pagati e lo storico deve lavorare gratuitamente?
Ed ancora, rovesciando il discorso, perchè tutti quanti ci sentiamo in diritto di poter essere degli storici?
Occuparsi di beni culturali è una cosa seria, a cui molti giovani studenti dedicano la loro vita accademica; e questi ragazzi non vogliono trasformare la loro dedizione in passione, ma in professione.
Credo, in conclusione, che sia più giusto parlare di pressappochismo che di volontariato e che come l’informatico cura la programmazione del sito web dell’Ecomuseo, un antropologo dovrebbe occuparsi (ed essere pagato) della selezione, della ricerca e della stesura dei contenuti.
L’ecomuseo deve comunque essere fatto e verrà fatto (a prescindere chiaramente da quello che io possa pensare); ma, a parere mio, non è questa la direzione per la salvaguardia del nostro Patrimonio.
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